Novembre 2025

Questo post è la versione blog della mia newsletter mensile, ospitata su Substack. Se vuoi iscriverti e ricevere le prossime puntate via mail, clicca qui.


Bentornati a Il riepilogo mensile!

E buon compleanno a questa newsletter, che arrivava per la prima volta nelle caselle email nel novembre 2023! Per festeggiare, sono andato a contare gli argomenti che ho trattato in questi due anni di invii mensili: sono 85 tra libri, film, videogiochi, canzoni, artisti e luoghi. Se siete curiosi o soffrite dei miei stessi disturbi, sappiate che esiste un comodo indice in ordine alfabetico tutto da esplorare (tra l’altro, quattro lettere sono ancora orfane di contenuti: chissà quando riuscirò a coprirle tutte).

Già che sto dando i numeri: gli iscritti al Riepilogo Mensile sono ormai quasi 150. L’ho già detto in passato, ma mi fa sempre piacere ribadirlo: è un numero risibile per i social network tradizionali, ma incredibilmente rilevante per un progetto fatto di pezzi lunghi, che peraltro non ha mai avuto la velleità di raggiungere un grande pubblico. E poi, nella vita reale, non conosco tutte queste persone che ogni mese sono disposte a sorbirsi le mie elucubrazioni. Quindi grazie a tutti, davvero.

L’appuntamento ricorrente con la scrittura della newsletter è diventato per me una bella abitudine. È un modo per esercitarmi a scrivere, per ragionare in maniera più analitica, per tracciare connessioni; e anche per interpretare il mondo culturale e sociale contemporaneo, che mi sembra sempre più complesso.

D’altra parte, le newsletter sono ormai i nuovi podcast, e tutti ne stanno aprendo una. Substack sta crescendo vertiginosamente – persino in Italia – e stanno arrivando i grandi personaggi pubblici e le aziende. Siamo in un momento di passaggio, e quindi delicato: è difficile prevedere dove penderà l’ago della bilancia, se verso una piattaforma culturalmente rilevante o verso una cloaca social. Non lo so, non lo so davvero. Se vorrete, lo scopriremo insieme mese dopo mese.


In questo numero:

  • ⌨️ Scrittura: una scoperta sconvolgente sul romanzo che ho in stesura.
  • 📖 Letture: La scimmia dell’assassino, un caro vecchio libro per ragazzi.
  • 🎞️ Visioni: trent’anni di Toy Story.
  • 🕹️ Backlog: ho rigiocato a To the Moon, e ho quasi pianto.
  • 🔗 Link: una pandemia culturale e altre cose trovate sul web.

Buona lettura!


Ogni mese scrivo di quello che leggo, vedo, ascolto, gioco. Ci si iscrive qui sotto.


⌨️ Scrittura

Aggiornamenti sulle cose che ho scritto, sto scrivendo o dovrei scrivere.

Nelle ultime settimane sono arrivati diversi iscritti dai social. Si tratta in buona parte di persone che mi seguivano per la mia attività di scrittore – che, lo ricordo a beneficio di tutti, non è il mio lavoro principale1. Quale migliore occasione, quindi, per rispolverare questa rubrica dal dimenticatoio?

Come si suol dire, ho una buona e una cattiva notizia per voi. La buona notizia è che sto scrivendo un romanzo d’avventura; la cattiva è che si tratta dello stesso da tre anni a questa parte. Quando una stesura si trascina così a lungo non è mai un buon segno, fidatevi.

Era dunque necessaria una seria riflessione su questo romanzo: ed è proprio quello che ho fatto la scorsa estate, durante un periodo di pausa dalla scrittura. Ne ho approfittato per mettere un po’ di distanza tra me e la bozza – cosa sempre salutare – e alla fine sono giunto a una conclusione sconvolgente.

Non stavo scrivendo un romanzo. Ne stavo scrivendo due.

È stata un’epifania folgorante, anche se il conteggio delle parole – a stesura ancora lungi dall’essere terminata – parlava chiaro, e pure la mole di personaggi e sottotrame era un indizio non trascurabile. In maniera sorprendente, dal momento in cui ho cominciato a pensare alla storia come a una dilogia, molti elementi sono andati al proprio posto; e un po’ alla volta ho cominciato a districare la matassa, liberandomi dalle sabbie mobili in cui mi ero impantanato.

Da settembre a oggi mi sono dedicato a una revisione profonda di quanto avevo già scritto. Ho tagliato interi personaggi e sottotrame; ho riscritto capitoli o parte di essi; ho cambiato l’ordine degli eventi e ne ho aggiunti di nuovi. Il risultato è incredibilmente più a fuoco, meno farraginoso e più coerente – disse la persona meno titolata a dare giudizi sulla propria opera.

Allo stato attuale, sono circa al 70% del primo volume; seguirà poi un lavoro più complesso sul secondo, che è ancora in gran parte da scrivere. Tutto questo non vuol dire che leggerete qualcosa a breve: al momento è poco più di un progetto in divenire, e dubito che questa rubrica tornerà a mostrarsi con continuità. Penso però che, se mai quest’opera vedrà la luce in futuro, sarà nella forma che ha assunto in questi ultimi, decisivi mesi.


📖 Letture

Una rubrica in cui parlo dei libri che ho avuto sul comodino negli ultimi tempi.

Ogni volta che entro in libreria, do sempre uno sguardo ai libri per ragazzi e ragazze. Un po’ perché così mi tengo aggiornato sulle tendenze del mercato, e un po’ perché questi libri, spesso e volentieri, sono degli oggetti bellissimi, molto più curati e ricercati dei volumi per adulti. Più raramente, invece, mi capita di leggerli. L’ultima volta era stata quasi due anni fa, quando avevo letto con immenso piacere Il rinomato catalogo Walker & Dawn di Davide Morosinotto (ne avevo scritto a gennaio 2024).

Sulla scorta di quella lettura, ai tempi cercai altri volumi simili. Alla fine atterrai su un romanzo per ragazzi che prometteva il giusto grado di avventure, e che ho letto questo mese: La scimmia dell’assassino di Jakob Wegelius (2014, pubblicato in Italia da Iperborea nel 2020; traduzione di Laura Cangemi).

La scimmia dell'assassino eBook : Wegelius, Jakob, Cangemi, Laura:  Amazon.it: Kindle Store

Sally Jones è una gorilla cresciuta in mezzo agli umani: non sa parlare, ma ha imparato a scrivere e a capire il linguaggio umano. Lavora come meccanico di bordo sulla Hudson Queen, nave di proprietà del marinaio finlandese Henry Koskela, detto “il Capo”. Mentre si trovano a Lisbona accettano un lavoro dal misterioso Alphonse Morro; ma le cose si metteranno male, e il Capo verrà accusato – ingiustamente – dell’omicidio dello stesso Morro. Spetterà a Sally Jones dimostrare l’innocenza del Capo: sulla sua strada incontrerà amici e nemici, finirà prima in Egitto e poi in India, e scoprirà un complotto più grande di lei.

Lo scrivevo già in quella newsletter di due anni fa, e adesso ne sono più convinto che mai: quel gusto per l’avventura d’altri tempi che vado cercando nei romanzi che leggo (e scrivo) è ben radicato nella letteratura per ragazzi. Per fortuna, come tutti i grandi romanzi per ragazzi, La scimmia dell’assassino è godibilissimo anche dagli adulti. Nelle sue oltre 500 pagine succedono tantissime cose, a un ritmo vertiginoso, e non mancano i colpi di scena. C’è una certa atmosfera esotica che permea tutto il libro, e che traspare soprattutto dalla cura per le descrizioni: le pagine migliori sono quelle che raccontano i luoghi, gli odori e le sensazioni, e che mi hanno trasportato altrove come succedeva quando ero bambino.

Non è tutto qui, naturalmente. Il romanzo è sorretto da un bel cast di personaggi. Ho apprezzato la scelta di rendere ricorrenti solo una manciata di protagonisti, mentre tutti gli altri hanno archi narrativi che nascono e finiscono nel volgere di qualche decina di pagine. Wegelius – che è un autore svedese – è molto bravo a caratterizzarli: li ho sentiti tutti vivi, mi sono affezionato ai buoni e ho disprezzato i cattivi.

Certo, nessuno degli antagonisti è malvagio fino in fondo, e forse questo è l’unico ambito in cui si capisce che il romanzo è pensato per un pubblico giovane. Per il resto, al contrario, mi ha stupito come La scimmia dell’assassino affronti di petto o marginalmente tematiche complesse: dalla violenza sulle donne alle rivolte armate, passando per allusioni sessuali e intrighi politici. Ho cercato di capire come viene catalogato editorialmente questo romanzo, e sembrerebbe destinato ai lettori dai 10 anni in su: devo però ammettere che non sono sicurissimo che un pubblico di questa età ne coglierebbe tutte le sfumature2. Ma forse è anche così che si cresce.

Una menzione particolare la meritano le illustrazioni, curate dallo stesso autore. In apertura del libro ci sono i ritratti dei personaggi principali, mentre ogni capitolo è accompagnato da un’immagine che contribuisce non poco a definire l’immaginario del volume. Il risultato è che il libro – inteso come oggetto – è molto piacevole da guardare e maneggiare.

Insomma, leggere questo romanzo è stata una boccata d’aria fresca, e mi ha ricordato che i libri per ragazzi non devo limitarmi a sbirciarli in libreria. Se cercate un’idea regalo per un giovane lettore o una giovane lettrice, con La scimmia dell’assassino andate sul sicuro. Ma vi dirò: non escluderei che possa piacere anche ai lettori con qualche capello bianco.

Voto: 4 / 5


🎞️ Visioni

Una rubrica in cui parlo di film o serie tv che ho visto di recente.

Voi ci pensate mai al numero di film che avete visto nella vostra vita? Ok, è una domanda strana da farsi e da fare agli altri, lo so. Io comunque una risposta grossolana, per quanto mi riguarda, me la sono data.

Da inizio 2018 ho un profilo su Letterboxd dove tengo traccia dei film che vedo. Nel corso degli anni, però, mi sono divertito (eh già) a segnare anche tutti i film che ho visto prima di quella data, o almeno quelli che mi sono venuti in mente. È tutto fuorché preciso, e ancora oggi di tanto in tanto mi vengono in mente pellicole che ho dimenticato di aggiungere all’elenco. Penso però di essere arrivato a un archivio ben consolidato, molto vicino alla realtà dei fatti.

Tutto questo per dire che recentemente ho superato quota 1000 film visti. Sono tanti? Sono pochi? Onestamente non lo so: a me interessava solo soddisfare la mia curiosità statistica. Di certo la distribuzione nel tempo di questi film è molto variegata: ad esempio nel 2020 – anno in cui, come tutti, ho passato molto tempo in casa – ho visto 89 film (il 9% del totale!); mentre negli ultimi tempi, come ho ripetuto più volte in questa newsletter, talvolta mi manca la voglia di mettermi davanti alla tv. E finisco spesso col rivedere vecchi film, più che aggiungerne di nuovi.


Infatti questo mese ho rivisto Toy Story (1995, John Lasseter) insieme ai miei figli. Per loro era la prima volta, mentre io ho ormai ho perso il conto: sono sicuro di averlo visto al cinema nel 19963, e poi chissà quante altre volte. Peraltro, negli stessi giorni, è stato diffuso il primissimo teaser del quinto capitolo, che arriverà al cinema in estate. E poi, per puro caso, ho scoperto che proprio a novembre è caduto il trentesimo anniversario della premiere cinematografica del film. Insomma, era tutto apparecchiato per scriverne qui.

Toy Story Movie Review and Ratings by Kids

Fa un po’ un effetto strano rivedere Toy Story oggi, perché la prima cosa che salta all’occhio è il balzo quantico compiuto dalla computer grafica in questi trent’anni. Eppure io ricordo che all’epoca l’effetto fu sensazionale, come affacciarsi direttamente nel futuro. La seconda cosa che mi ha colpito è quanto il film abbia dei momenti cupi, evidentemente un marchio di fabbrica della Disney degli anni ‘90: tutto il segmento ambientato a casa di Sid è davvero inquietante a vari livelli, e infatti mio figlio un paio di scene non le ha volute vedere. Da questo punto di vista il film è un po’ un unicum nella produzione Pixar: si vede che qui dovevano ancora trovare il tono di voce giusto.

Una conferma di questo pensiero l’ho avuta qualche giorno dopo la visione, quando in occasione dell’anniversario tondo sono usciti alcuni contenuti dedicati al film. Gabriele Niola, in particolare, ha scritto un articolo per Il Post e ha realizzato un video per il suo canale YouTube: in entrambi racconta la genesi dietro Toy Story, e il modo in cui è arrivato a essere il film che conosciamo tutti. Ve li consiglio entrambi, perché sono pieni di aneddoti gustosi (come il ruolo avuto da Joss Whedon in fase di sceneggiatura, o quello indiretto di Tim Burton sulla partnership tra Pixar e Disney).

Quando lo vidi per la prima volta, Toy Story fu un film epocale. Qualche anno fa ho ritrovato un vecchio sussidiario delle elementari, in cui alla domanda “Qual è la tua favola preferita?” avevo risposto con calligrafia ancora esitante: “Toy Story”. Oggi, in retrospettiva, è un film che ha per me sia un valore affettivo (personale) sia uno storico (oggettivo): dopotutto, senza Toy Story non avremmo avuto il resto della produzione Pixar, che comprende due dei miei film preferiti di sempre (Up e, guarda un po’, Toy Story 34). Insomma, tanti auguri per questi primi trent’anni!

Voto: 4 / 5


🕹️ Backlog

Una rubrica in cui cerco di conciliare videogiochi e vita adulta.

Sapete, è strano: ho un backlog di oltre un centinaio di titoli pronti per essere installati e giocati, eppure per la terza volta in questo 2025 mi sono trovato a rigiocare a un videogioco del mio passato5. Esattamente come Portal (di cui ho scritto qui), To the Moon (2011, Freebird Games) è uno dei pochi titoli cui ho giocato nei lunghi anni in cui sono stato lontano dal medium. Era il 2016, e il gioco mi colpì a tal punto che gli dedicai un post sul mio blog dell’epoca. Il titolo diceva già tutto: To the Moon, o della dignità del videogioco.

Perché rigiocarlo oggi, allora? Innanzitutto perché è un capolavoro. Poi per rinfrescarmi la memoria, visto che (per fortuna, oserei dire!) avevo dimenticato alcuni snodi fondamentali della trama. E infine perché nel frattempo sono usciti altri due episodi della serie (più uno spin-off), tutti celebratissimi dalla critica, e li ho messi in lista per i prossimi mesi. To the Moon, inoltre, fa parte di quei titoli che hanno contribuito al consolidamento della scena indie videoludica nei primi anni 2010, e di conseguenza oggi ha assunto valore anche da una prospettiva storica.

To the Moon on Steam

In un futuro non molto lontano, la Sigmund Corp. offre ai propri clienti un servizio molto particolare: i suoi specialisti possono impiantare ricordi artificiali. Poiché l’operazione genera una dissonanza cognitiva, è ammessa soltanto per pazienti in fin di vita, allo scopo di garantire loro un trapasso sereno e senza rimpianti. Eva Rosalene e Neil Watts sono due specialisti dell’azienda, assunti dall’anziano Johnny Wyles per esaudire il suo ultimo desiderio: andare sulla luna. I due cominciano così un viaggio a ritroso tra i ricordi (reali) del paziente, alla ricerca dell’origine di questo desiderio.

C’è una cosa che mi ha colpito, rileggendo il post sul vecchio blog: il mio giudizio sul gioco, oggi, è incredibilmente allineato a quello del me stesso di quasi dieci anni fa. Ora come allora, per esempio, faccio fatica a considerare To the Moon un videogioco: siamo più dalle parti delle visual novel, visto che le sezioni prettamente ludiche sono ridotte all’osso, e per il resto del tempo si assiste alla storia e si leggono dialoghi. Mi ha stupito che già all’epoca avessi menzionato Memento, che ho puntualmente inserito tra i miei appunti anche stavolta: d’altra parte il meccanismo narrativo è lo stesso – vediamo prima la fine senza sapere ciò che è accaduto prima – e si procede a ritroso nei ricordi del protagonista. Stesso discorso per le musiche, che riecheggiano lo stile di Final Fantasy: lo sottoscrivo ancor di più oggi, visto che di recente ho rigiocato al nono capitolo. E la penso allo stesso modo persino sull’unico difetto del gioco: che ha una scrittura molto buona – a tratti persino brillante per come gestisce sapientemente dramma e ironia – ma che in alcuni punti è un po’ tirata via e dà troppe cose per scontate.

Immagini: Freebird Games

C’è invece un’altra cosa che all’epoca non avevo scritto, forse per pudore, forse perché adesso ho un’altra età: To the Moon è l’unico videogioco – finora – che mi ha portato a un passo dalle lacrime. Affronta temi enormi – la morte, l’amore, la memoria, la malattia – e ha un crescendo narrativo fuori dall’ordinario. Alcune sequenze non ne vogliono sapere di uscire dalla mia testa: come quella della gita a cavallo, con questa traccia musicale di un solo minuto che ho ascoltato a ripetizione. L’ultimo terzo del gioco – quello che copre i ricordi da bambino del protagonista – è magistrale per intensità emotiva, e ogni cosa contribuisce a creare un viluppo di sentimenti dentro il giocatore, destinato a sciogliersi solo nel climax finale. Il fatto che questo scrigno di emozioni sia nascosto dietro una manciata di pixel art rende il tutto ancora più inaspettato, e quindi prezioso.

Dubito che, a quindici anni dalla sua pubblicazione, To the Moon abbia bisogno di essere scoperto, ma magari in ascolto c’è qualcuno cui finora è sfuggito, o che addirittura lo ha ignorato di proposito: be’, fatevi un favore e giocate a questo titolo. È minimale, gira pure su un tostapane, ed è adatto anche a chi non ha mai toccato un videogioco in vita sua. È un piccolo viaggio di 4 ore, che vi porterà molto più lontano di quanto immaginate.

Voto: 4,5 / 5


🔗 Link

Una raccolta dei migliori contenuti in cui mi sono imbattuto in giro per il web questo mese.

Italian Brainrot – Storia di una pandemia culturale. IL video da vedere questo mese. Yotobi al suo meglio: un documentario di 40 minuti sul fenomeno Italian Brainrot – che forse è già finito, ma intanto l’altro giorno mio figlio canticchiava “Cappuccino Assassino” e gli ho dovuto fare Il Discorsetto6. Un commento sotto al video sintetizza al meglio il mio pensiero:

Siamo tutti morti nel 2020 e questo è l’inferno.

Che peccato non aver imparato il mio dialetto. Giulia Matarazzo ha scritto per Lucy sulla cultura un bell’articolo sull’importanza culturale e sociale del dialetto, con una particolare attenzione a quelli meridionali.

I dialetti del Sud sono ancora fili rossi che ci legano a territori svalutati, lingue indossate per secoli come stemmi di inferiorità culturale, intellettiva ed economica, ma pur sempre lingue, dunque degne in quanto tali.

Giù nel sotterraneo (autogenerato). È sempre un piacere leggere un articolo di Vanni Santoni sui videogiochi. Mi affascinano queste narrazioni dal taglio ultra personale, che allo stesso tempo raccontano qualcosa di comune a molti. In questo pezzo pubblicato su Quants, lo scrittore indaga l’approccio al genere roguelite, passando per ricordi dell’originale Rogue e dei più recenti Hades.

In casi come questi, però, la cautela è sempre opportuna: sono i giochi a non essere più “come una volta”, o siamo noi a non essere più i bimbi pronti all’emozione di un tempo?


Questo è quanto per questo mese. Ma attenzione, colpo di scena! Ci sentiamo tra una quindicina di giorni per un numero speciale della newsletter. Ciao!

  1. La scrittura non la definirei nemmeno un lavoro, nel mio caso. A tal proposito, questo mese nella mia bolla si è parlato molto del lavoro culturale e della sua insostenibilità economica. È un tema enorme e complesso, su cui persone più qualificate di me hanno espresso opinioni molto ben argomentate. Una cosa è certa: io posso permettermi di fare lo scrittore (a tempo perso) perché ho un altro lavoro con cui campo e perché sono cresciuto in un contesto privilegiato, con tutti i benefici che ne derivano. ↩︎
  2. Poi tutto è relativo, e dipende molto anche dall’abitudine alla lettura dei giovani lettori. Io, a 10 anni, ero particolarmente orgoglioso di leggere la saga di Redwall, che la collana Junior Mondadori consigliava invece “dai 12 anni in su”. ↩︎
  3. Il che fa di Toy Story uno dei primi film che ho visto in sala. Ho ricordi nebulosi su questo tema, ma probabilmente il primato assoluto spetta a Il Re Leone, uscito in Italia a novembre 1994. ↩︎
  4. Ma non dimentichiamo Toy Story 2, che passa sempre un po’ in sordina e invece è un sequel coi fiocchi – e ne trassero un videogioco clamoroso per la prima PlayStation. Poi oh, a me è piaciuto pure il quarto. ↩︎
  5. Queste sono le cose che mandano fuori di testa il mio collega Simone, affezionato lettore di questa rubrica. Ciao Simone! ↩︎
  6. Lo avrò dissuaso o lo avrò radicalizzato ancora di più? Chissà. Che fatica essere genitore, comunque. ↩︎

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