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Bentornati a Il riepilogo mensile!
O benvenuti, se è la prima volta che capitate qui. Io sono Luigi Calisi, e questa è la newsletter che invio una volta al mese: racconto i miei consumi mediatici, do aggiornamenti su quello che scrivo, e a volte parlo anche dei fatti miei.
Questo mese ci sono tanti argomenti in agenda, per cui la newsletter arriverà in due parti – così non mi farò odiare dai provider di posta elettronica. Cominciamo subito.
In questa prima puntata:
- 🗺️ Esplorazioni: alla scoperta dell’Umbria.
- 📖 Letture: il primo libro di Blackwater, ma anche una cocente delusione.
Nella seconda parte, in arrivo venerdì 31 ottobre:
- 🎞️ Visioni: omaggio a Renato Casaro e Drew Struzan.
- 🎵 Ascolti: invito all’ascolto degli Augie March.
- 🕹️ Backlog: Gone Home, il mio primo walking simulator.
- 🔗 Link: Capo Verde ai mondiali e altre storie interessanti di questo mese.
Buona lettura!
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🗺️ Esplorazioni
Una rubrica in cui parlo dei posti dove sono andato, in Italia e nel mondo.
Per essere uno che ha vissuto tutta la sua vita nella regione Lazio, devo ammettere che conosco davvero poco l’Umbria. Oserei dire che, tra le regioni confinanti, è quella che conosco meno1. Era da tempo che meditavo di esplorarla un po’ di più, e questo mese finalmente ci ho passato un fine settimana con la mia famiglia.
Prima di oggi, la mia conoscenza dell’Umbria si limitava a tre sortite in giornata che nulla avevano a che fare col turismo, e a una visita (sempre in giornata) di Orvieto. Non ci avevo mai pernottato, per dire una cosa assurda che ho notato solo adesso. Stavolta abbiamo fatto base in un agriturismo nella campagna vicino Spoleto: un casale riconvertito con fattoria annessa, con tanti animali che hanno fatto la gioia dei bambini2 e dove abbiamo avuto anche la possibilità di cenare.
La prima tappa del viaggio è stata alle Fonti del Clitunno: un’area naturale molto bella e non molto estesa, dove il fiume Clitunno forma una serie di laghetti prima di proseguire il proprio corso. Si possono vedere le sorgenti, ammirare la trasparenza delle acque e fare una bella camminata nel verde, inseguiti da anatre e cigni in cerca di cibo.
Ci siamo poi spostati a Spoleto, la città più grande tra quelle che abbiamo visitato. Salire fino alla Rocca e attraversare il Ponte delle Torri – costruito sui resti di un acquedotto romano – è un’esperienza da fare. La visita al centro storico ruota tutta un po’ attorno al Duomo, la cui piazza è stata resa celebre da una nota fiction di Rai 1. Forse il fatto che fosse venerdì – e il tempo fosse uggioso – mi ha fatto apparire il centro meno vivo di quanto mi sarei aspettato. Mi ha invece colpito in positivo il sistema di mobilità pubblica sotterraneo: la macchina si parcheggia fuori dal centro, e ci si muove attraverso tre “linee” di tapis-roulant sotterranei, con varie “fermate” intermedie; praticamente una metropolitana, ma a piedi, e per giunta gratis.

Il giorno dopo abbiamo visitato tre paesi più piccoli. La mattina sul presto siamo andati a Rasiglia (frazione di Foligno), un borgo che avevo visto anni fa sui social e mi ero segnato da visitare. In effetti è un posto molto instagrammabile: la “piccola Venezia umbra” è attraversata da canali, cascatelle e ruscelli, e ha un passato legato alla lavorazione dei tessuti. In mezz’ora si gira tutto il borgo, che è tenuto benissimo. Però è un po’ preso d’assalto dai turisti: arrivare presto ci ha permesso di evitare le comitive in pullman che sono arrivate mentre noi andavamo via.
A cavallo del pranzo siamo stati a Spello, probabilmente la mia tappa preferita del viaggio. Un piccolo paese che si sviluppa attorno a una lunghissima strada in salita – dove in primavera viene allestita un’infiorata – con scorci bellissimi e punti panoramici da cui si vede l’intera vallata e Assisi. Quel giorno c’era un bel sole e la temperatura era perfetta: abbiamo pranzato all’aperto, in piazza, e si respirava un’atmosfera piacevole che mi ha fatto apprezzare ancora di più il paese.
Al pomeriggio abbiamo fatto una sosta veloce a Montefalco. Per l’ennesima volta ci siamo ritrovati in un piccolo borgo tenuto alla perfezione, con negozi di artigianato e cantine che offrivano prodotti del territorio.

L’ultimo giorno, sulla via del ritorno, abbiamo fatto sosta a Scheggino. Le acque sono state un po’ il leitmotiv involontario del viaggio, e infatti anche questo paese sorge sulle sponde di un fiume, il Nera. Ci siamo arrivati prima ancora del sole, visto che è costruito a ridosso di una montagna: eravamo gli unici turisti, e abbiamo portato un po’ di rumore nei suoi vicoli silenziosi che odoravano di camini accesi.
Proseguendo sulla strada provinciale abbiamo attraversato una vallata verdeggiante molto suggestiva, arrivando così all’ultima tappa del viaggio: la Cascata delle Marmore, che abbiamo visitato dall’ingresso superiore. Uno spettacolo maestoso, c’è poco da fare, e infatti i bambini (me compreso) ne sono rimasti impressionati. Ma d’altronde, era dalle elementari che la volevo vedere dal vivo.

È stato un bel weekend, che ha avuto come unico effetto collaterale quello di farmi venire ancora più voglia di visitare l’Umbria. È stato anche il primo viaggio, da cinque anni a questa parte, fatto senza passeggini al seguito (e non abbiamo risparmiato sforzi ai piccoli, anzi!): una piccola pietra miliare da genitori che ci sblocca altri possibili itinerari futuri. Vabbè, chiudo con una carrellata di cibo umbro, che ci sta sempre bene.

📖 Letture
Una rubrica in cui parlo dei libri che ho avuto sul comodino negli ultimi tempi.
Se seguite il mondo editoriale – o frequentate abitualmente le librerie – è molto probabile che negli ultimi due anni vi siate imbattuti nel fenomeno Blackwater. Nel 2023 i libri di questa serie scritta da Michael McDowell erano ovunque: soprattutto sui social, ma anche sui siti che si occupano di letteratura e sugli scaffali delle librerie; e al Salone del Libro di Torino, quell’anno, lo stand dell’editore Neri Pozza era preso d’assalto3.
Ehi, nel 2023 ho fatto l'eremita in Cambogia. Mi spieghi cos'è Blackwater?
Ma certo. Si tratta di una serie composta da sei romanzi che raccontano una storia dalle tinte horror e soprannaturali. Pubblicati nel 1983 a distanza di un mese l’uno dall’altro, ottennero un buon successo di pubblico negli Stati Uniti, al punto che Stephen King definì McDowell “il miglior autore di tascabili in America”. La fama della saga rimase tuttavia confinata al mondo anglosassone; almeno fino al 2022, quando Blackwater venne pubblicata in Francia e vendette oltre mezzo milione di copie. Nel 2023 Neri Pozza, attraverso il suo marchio Beat, ha portato la serie in Italia vendendo oltre 200mila copie in pochi mesi, col fenomeno che si è autoalimentato attraverso i social network. Merito anche delle edizioni molto particolari: un formato ridotto - davvero tascabile - con copertine dall’effetto laminato disegnate dallo spagnolo Pedro Oyarbide.
Io stesso non rimasi insensibile al richiamo di Blackwater: mi intrigava il tema, il genere e soprattutto la bellissima edizione italiana. Tuttavia, ogni volta che un’opera raggiungere una notorietà così esplosiva, tendo a essere diffidente e a mantenermi a distanza, almeno per un po’. Oggi, a quasi tre anni dalla sua pubblicazione italiana, mi sono finalmente deciso a leggere il primo volume della serie, La piena (1983, pubblicato in Italia da Neri Pozza Beat nel 2023; traduzione di Elena Cantoni).
![LA PIENA. Blackwater I [Edizione italiana] : McDowell, Michael, Cantoni, Elena: Amazon.it: Libri LA PIENA. Blackwater I [Edizione italiana] : McDowell, Michael, Cantoni, Elena: Amazon.it: Libri](https://substackcdn.com/image/fetch/$s_!ePlm!,w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F05b5f721-a959-42d7-890c-1981c9b52e2f_1000x1528.jpeg)
1919. La cittadina di Perdido, in Alabama, viene sommersa dall’esondazione dei fiumi Blackwater e Perdido, che portano morte e distruzione. E non solo: al primo piano dell’unico albergo della città viene trovata Elinor, una donna dal passato misterioso che afferma di essere arrivata subito prima della piena. Un po’ alla volta Elinor si insinua nel cuore della ricca famiglia Caskey – padroni di boschi e segherie – conquistando il giovane Oscar; ma la matriarca Mary-Love sospetta che ci sia qualcosa sotto.
E qualcosa sotto c’è davvero, come emerge ben presto già in questo primo volume. L’elemento soprannaturale viene lasciato intuire a più riprese, pur senza risultare predominante, così come l’aspetto orrorifico. Se La piena è un libro horror, allora lo è in un modo tutto suo: non provoca grandi spaventi, ha un’unica scena splatter verso la fine, ma per il resto è pervaso da una tensione costante dall’inizio alla fine. C’è un nome più calzante per il genere cui appartiene questo libro, ed è southern gothic: una corrente della letteratura – prevalentemente di genere – che racconta storie ambientate nel sud degli Stati Uniti, con un occhio tanto all’occulto e all’esoterismo quanto a temi come il razzismo e le differenze di classe. Ne La piena ho trovato tutto questo, ben amalgamato in un romanzo che scorre via veloce e si fa leggere avidamente.
Sono diversi gli elementi interessanti di questo libro. Quello che mi ha sorpreso di più è che La piena è soprattutto un romanzo di donne: sono femminili tutti i personaggi principali, la società di Perdido è di impostazione matriarcale e gli uomini assomigliano a burattini senz’anima. L’arrivo di Elinor sconvolge ogni equilibrio, e la faida tutta al femminile che ne viene fuori – e che si combatte su più fronti – risulta avvincente. Ma nel romanzo di McDowell ci sono anche i contrasti tra i bianchi e i neri, e quelli tra i ricchi e i poveri. La scrittura dell’autore, pur essendo semplice e lineare, riesce a tratteggiare temi e personaggi in modo mirabile.
C’è un grosso problema in questo libro, ed è ovviamente il fatto che non finisce: i sei romanzi della saga di Blackwater sono da intendersi come le sei parti di un’unica grande storia che si dipana attraverso i decenni, e come tali andrebbero letti uno di seguito all’altro. Io non mi fidavo, quindi mi ero procurato solo il primo volume: ma senza dubbio proseguirò, magari prendendo il bel cofanetto da collezione che Neri Pozza ha approntato dopo il successo di vendite.
Insomma, una volta tanto il successo montato sui social non si è rivelato un fuoco di paglia. Un plauso a Neri Pozza per aver portato in Italia questa serie (a quarant’anni dalla sua prima pubblicazione!) e le altre opere di McDowell4.
⭐ Voto: 4 / 5
Era inevitabile: prima o poi sarebbe dovuta arrivare la grande delusione letteraria dell’anno. E trovo coerente che a darmela sia stata la stessa collana che mi aveva regalato una bella sorpresa a febbraio. Ma andiamo con ordine.
Nell’estate del 2023 lessi un libro di fantascienza che mi colpì tantissimo: Pensa a Fleba (1987) di Iain M. Banks. In uno dei primi numeri di questa newsletter ne avevo parlato in questi termini:
Secco, asciutto, pieno zeppo di cose che succedono e personaggi memorabili, ma soprattutto epico e fuori scala (tutta la sequenza ambientata sulla Meganave vale da sola il prezzo del biglietto): in questo romanzo succedono cose assurde e grandiose, disgustose ed eroiche, come se Banks avesse deciso di premere sull’acceleratore per vedere fin dove potesse spingersi e poi si fosse dimenticato di frenare.
Insomma, una discreta bomba. Fantascienza di spessore ma allo stesso tempo spensierata, senza quesiti scientifici ma con tante avventure intergalattiche, e un’inventiva lasciata a briglia sciolta. Pensa a Fleba è il primo libro del Ciclo della Cultura, una serie di dieci volumi autoconclusivi cui Banks ha lavorato fino alla sua morte, avvenuta nel 2013, e per cui è giustamente annoverato tra i grandi autori della fantascienza contemporanea.
Nell’universo ideato dall’autore, l’umanità e altre creature aliene convivono in una società priva di denaro, autorità centrali o altre forme di controllo sociale, dal momento che l’intero potere decisionale è nelle mani delle Menti, intelligenze artificiali estremamente evolute. La visione di Banks è dichiaratamente socialista, e proprio questo ha innestato un curioso cortocircuito: l’autore, paradossalmente, è amatissimo da diversi oligarchi tech della Silicon Valley – a partire da Elon Musk – cioè esattamente i tipi umani che nei romanzi di Banks sono rappresentati come il male assoluto5.
Dopo aver letto il primo libro, mi ero detto che avrei approfondito il Ciclo della Cultura alla prima occasione utile: e l’occasione è arrivata quando Urania ha portato nelle edicole l’ottavo volume della serie, Matter (2008, pubblicato in Italia daUrania Mondadori nel 2024; traduzione di Alessandro Vezzoli).

Sull’ottavo livello del pianeta Sursamen imperversa la guerra tra i Sarl e i Deldeyn. Ferbin, erede al trono dei Sarl, a margine di una battaglia assiste all’assassinio del padre per mano di tyl Loesp, il luogotenente più fidato del re. Costretto a fuggire, cerca l’aiuto della sorella Djan, emigrata anni prima per diventare un membro delle forze speciali della Cultura; mentre un terzo fratello, Oramen, ignaro di tutto, viene manovrato dai loschi interessi di tyl Loesp.
Matter è un romanzo incredibilmente complesso, e credo che si capisca già dalle poche righe di trama che ho messo qui sopra. Banks stesso ne doveva essere consapevole, perché in un’intervista del 2007 affermava:
It’s 204,000 words long and the last 4,000 consist of appendices and glossaries. It’s so complicated that even in its complexity it’s complex.
È tuttavia una complessità che emerge un po’ alla volta. L’inizio è più che altro spiazzante: a un prologo di stampo fantascientifico – in cui la scena è dominata da un drone parlante – segue un primo capitolo dal sapore apertamente fantasy, con una battaglia campale con cavalieri, armature, elmi, spade, valletti. Di pagina in pagina, il contesto del romanzo è progressivamente svelato: nell’universo della Cultura non tutte le razze hanno raggiunto lo stesso livello tecnologico; i Sarl, nello specifico, sono in una condizione pre-industriale (un medioevo piuttosto avanzato, direi), mentre molti degli alieni che popolano il resto del romanzo hanno accesso alla tecnologia che più tipicamente ci si aspetterebbe da un romanzo di fantascienza.
In tutto questo si inserisce quella che, a mio parere, è la più grande intuizione di Banks in questo libro – oltre che un’ulteriore prova del suo innegabile talento visionario: gli stratomondi. Sursamen, infatti, è un pianeta artificiale costituito da sedici strati progressivi, dalla superficie al nucleo. Ogni strato dispone di stelle artificiali che simulano il ciclo giorno-notte, di una propria atmosfera, e di razze peculiari che lo abitano (tra le altre, vengono citate delle megabalene che abitano uno strato interamente oceanico, e una razza di nuvole senzienti che popolano uno strato privo di terraferma: giusto per farvi capire il livello di inventiva). Nell’ambientazione ho riconosciuto i tratti del Banks che avevo amato ai tempi di Pensa a Fleba: la sua tendenza al gigantismo, al pensare fuori da qualsiasi schema, la creatività senza limiti.
Poi, però, sono arrivati i problemi. A metà libro mi sono perso. La vicenda si impantana in un mare di personaggi e fazioni, col risultato che ho fatto fatica a comprendere le motivazioni di molti di loro (di alcuni, per la verità, non ci sono proprio riuscito). Sicuramente fa parte della complessità ricercata da Banks, ma ho avuto l’impressione che l’autore si sia lasciato prendere un po’ troppo la mano. Farò un solo esempio: uno dei temi portanti del romanzo è il fatto che ogni razza fa da “tutor” a una razza di livello tecnologico inferiore. Di per sé è un’idea molto interessante, se non fosse che i rapporti tra le forze in gioco sono portati all’estremo: così i Sarl sono controllati dagli Oct, a loro volta controllati dai Nariscene, a loro volta sotto il controllo dei Morthanveld, che forse sono controllati dalla Cultura. Sono tante, tantissime informazioni da tenere a mente: i confini sfumano, quando un nome viene citato devi capire a che fazione appartiene e quali sono i rapporti con le razze superiori e inferiori, e tutto questo moltiplicato per oltre cinquecento pagine.
Nella seconda metà del romanzo ho arrancato, mentre gli eventi procedevano e io smettevo di avere la pretesa di comprendere tutto; finché non è arrivato l’ultimo, micidiale atto del libro, e la vicenda si è chiusa quasi di colpo. Forse meglio così, in fondo.
Avevo enormi aspettative su Matter, anche troppo grandi considerato che avevo letto un solo romanzo di Banks prima – uno di quelli considerati più acerbi, peraltro. È stata una lettura deludente, sensazione forse acuita dal fatto che ho intravisto del potenziale nelle sue pagine. Resta la conferma della portentosa immaginazione di Banks, motivo per cui continuerò la mia esplorazione del ciclo della Cultura. In questo caso, però, il peso della grande cattedrale immaginifica ha schiacciato l’intera opera sotto la propria ambizione.
⭐ Voto: 2 / 5
Grazie per aver letto fin qui. Appuntamento a venerdì 31 ottobre per la seconda parte della newsletter. Ciao!
- Ah già, c’è pure il Molise. ↩︎
- La mia esperienza di viaggio con i bambini è ancora piuttosto limitata, ma due o tre cose le ho imparate: tipo organizzare un’attività a base di animali ogni dodici ore, o informarsi sulle aree giochi strategiche di ogni paese che si visita. ↩︎
- Lo so perché ero al Salone per un’attività legata al mio romanzo d’esordio, e ho visto la folla in prima persona. Era tra gli editori con la fila più lunga fuori. ↩︎
- A tal proposito, non sapevo nulla di questo autore prima di leggere La piena. Scomparso nel 1999 a soli quarantanove anni, ha lasciato un corpus di venticinque romanzi tra thriller e horror. Mi ha stupito apprendere che ha lavorato anche come sceneggiatore: oltre a diversi lavori per la televisione, ha scritto Beetlejuice di Tim Burton e ha collaborato all’adattamento di Nightmare Before Christmas partendo da un’idea dello stesso Burton. ↩︎
- Per approfondire, qui c’è un articolo de Il Post dello scorso giugno che analizza l’intera questione. ↩︎