Benvenuti a Il riepilogo mensile. Se vi interessa sapere cosa ho fatto/visto/ascoltato a novembre, siete nel posto giusto. Se non vi interessa, probabilmente siete arrivati qui per caso; date comunque un’occhiata prima di passare oltre.
Titolo e intenti di questo format sono autoesplicativi, ma mi sento in dovere di darvi un paio di coordinate per orientarvi. Dopo un breve testo introduttivo, troverete una serie di rubriche tematiche: in questo primo numero, ad esempio, si parla di scrittura, dei film che ho visto, delle canzoni che ho ascolato e degli articoli che ho letto in giro per il web. Ogni rubrica è aperiodica: se ne aggiungeranno altre in futuro, e non è detto che troverete sempre le stesse.
L’idea è di uscire ogni mese, ma magari a volte sarà ogni due, oppure a un certo punto l’appuntamento diventerà settimanale (ne dubito, ma mai dire mai). Ora come ora, la cadenza mensile mi sembra l’unica sostenibile. Questo probabilmente si tradurrà in post lunghi: ma questo è uno spazio fieramente slow web, quindi prendetevi il tempo che vi serve.
A proposito di slow web e di quello che scrivevo nell’ultimo post: sì, la fonte di ispirazione per tutto questo viene dalle newsletter. Nelle ultime settimane, mentre questo post prendeva vita, mi sono reso conto che stavo di fatto cominciando a mia volta una newsletter: la cadenza mensile, la struttura che avevo in mente, il modo in cui declinavo la scrittura, tutto rimandava a quel mondo. Così ho deciso di assecondare la cosa e di rendere Il riepilogo mensile anche una newsletter: è ospitata su Substack e ci si iscrive qua. I contenuti saranno gli stessi: vedo il blog e la newsletter come due diverse modalità di distribuzione, che magari mi permetteranno di raggiungere pubblici complementari e che – forse – mi consentiranno di svincolarmi dai social network.
Ah, i social. Mi sorprendo a usarli sempre meno, e ultimamente ho fatto un altro passo: ho disinstallato Twitter/X dal mio telefono. Lo usavo quasi esclusivamente per leggere – non sono mai stato bravo con i testi brevi – e ormai era diventato una fogna, con pochi contenuti di valore seppelliti sotto tonnellate di inutilità (quando va bene: sono incappato anche in cose raccapriccianti). Mi dispiace perché alcune persone le seguivo soltanto lì, ma ho deciso di impiegare meglio il mio tempo. In questi giorni ho pensato alla prima volta in cui sentii parlare di Twitter: era il 2008, durante un corso all’università. Forse in futuro il passaggio da Twitter a X verrà studiato proprio a livello accademico: mi sembra un perfetto caso di studio su come sabotare un prodotto di successo dall’interno.
⌨️ Scrittura
Cosa sto scrivendo – o dovrei scrivere – in questo periodo.
Partiamo dalle basi: sto scrivendo un nuovo romanzo. Sarà un romanzo d’avventura d’ambientazione esotica, proprio come Il mondo finisce all’orizzonte. Ma no, non sarà un sequel del mio romanzo d’esordio, nonostante molte persone lo abbiano chiesto a gran voce (questa cosa mi lusinga e mi lascia sbigottito ogni volta che ci penso). Le stesse persone, di tanto in tanto, mi chiedono aggiornamenti sul nuovo progetto, e quindi eccoci con una rubrica interamente dedicata alla scrittura. Per il momento posso dirvi quello che ho già dichiarato pubblicamente: sarà ambientato in un altro continente e in un altro secolo rispetto a Il mondo finisce all’orizzonte, il che restringe il campo a tutto il mondo tranne le Americhe e a tutta la storia umana tranne il XVIII secolo. È già qualcosa, no?
Scrivere non è un lavoro a tempo pieno per me, quindi la stesura procede alternando fasi molto proficue a momenti di stasi. Ottobre e novembre appartengono alla seconda categoria: in questi due mesi non ho scritto neanche una riga. Succede, non ci posso fare niente, ma il più delle volte queste pause sono salutari per ricominciare con nuove energie.
Prima di fermarmi, ero impegnato nella revisione di ciò che avevo scritto fino a quel momento. Di solito revisiono il testo soltanto alla fine, ma questa volta sto sperimentando un editing leggero in itinere che mi ha già aiutato a mettere a fuoco alcuni passaggi. In certi punti ho dovuto tagliare, in altri è stato necessario aggiungere qualcosa. In ogni caso, ho superato grosso modo la metà della stesura, e il contatore è già arrivato a 60.000 parole. Una bella bestia, insomma.
Non vi nascondo che l’idea di includere una rubrica sulla scrittura in questi post mensili è un esperimento per testare la mia costanza. Magari il dover “rendere conto” pubblicamente mi aiuterà. O magari no e questa rubrica verrà silurata molto presto.
🎞️ Visioni
Una rubrica in cui parlo dei film – vecchi o nuovi – che ho visto di recente.
Negli ultimi dodici mesi ho visto pochissimi film. Addirittura, come ho raccontato su Facebook, il 2022 ha rischiato di essere il primo anno da che ho memoria senza film visti al cinema – pericolo scampato soltanto il giorno di Natale con The Fabelmans. Da un lato ho sempre meno tempo libero – il lavoro, i figli, la vita – dall’altro ho attraversato una fase piuttosto lunga di disinteresse verso il cinema: semplicemente, non avevo voglia di vedere film, preferendo dedicare il mio tempo ad altro. È soprattutto per questo che, a malincuore, a fine 2022 ho dovuto interrompere il podcast REC che curavo insieme a Michele Barbero.
A partire dalla seconda metà del 2023 qualcosa si è rimesso in moto. In estate sono tornato al cinema, senza mancare nemmeno uno dei tre film che mi ero (im)posto di guardare in sala (il nuovo Indiana Jones, Barbie e Oppenheimer). Ho fatto una lista di film da non perdere anche per la stagione invernale, e anche se ho mancato Killers of the Flower Moon (ma chiedo mi sia riconosciuta l’attenuante della durata) sono comunque riuscito ad andare al cinema pochi giorni fa (adesso ci arrivo). Nelle ultime settimane, poi, ho ricominciato a vedere film anche a casa: non tantissimi, certo, ma almeno è un inizio.
Per metterla in numeri, che a volte aiuta (grazie al mio profilo Letterboxd per questi dati):
- film visti nella prima metà del 2023: due
- film visti nella seconda metà del 2023 (finora): venti
Non so se è un fuoco di paglia o l’inizio di una nuova era, ma intanto ho ripreso confidenza con il medium cinematografico.
E cosa ho visto di interessante, negli ultimi tempi? Tanto per cominciare, due film italiani degni di nota. Mixed by Erry di Sydney Sibilia è una commedia che racconta la storia vera di tre ragazzi napoletani che, negli anni ’80, misero in piedi un impero economico fondato sulle musicassette pirata. Divertente, con il giusto ritmo, una storia da raccontare e tecnicamente ben fatto: la conferma che quando c’è di mezzo la casa di produzione Groenlandia bisogna sempre prestare attenzione. Si trova su Netflix.
L’ultima notte di Amore di Andrea Di Stefano è invece un poliziesco d’altri tempi. Alcuni lo hanno associato all’hardboiled, a me invece ha ricordato Michael Mann. Girato quasi tutto in una notte, in una Milano al neon che è lo sfondo perfetto, racconta la discesa agli inferi di un povero diavolo che vorrebbe soltanto essere una persona onesta. Grande tensione, e menzione particolare per il piano sequenza col drone che apre il film. L’ho visto su Prime Video.
Il film che ho visto in sala, invece, è Napoleon di Ridley Scott. Sono andato al cinema con aspettative piuttosto basse, sia perché non sono un fan della materia napoleonica, sia perché il buon Scott spazia tra gli alti e i bassi con rara disinvoltura. Quindi non posso dire che Napoleon mi abbia deluso: mi limito a constatare che rientra nella metà inferiore della filmografia del regista. Non è tanto un problema di accuratezza storica (per me conta più la verosimiglianza che la veridicità), quanto proprio di risultato cinematografico: l’ho trovato sfilacciato, discontinuo, con alcune cadute nel ridicolo involontario – e in questo la scelta di focalizzare la narrazione sul rapporto tra Napoleone e Giuseppina non ha aiutato. Resta la grande capacità di Ridley Scott di padroneggiare le sequenze di battaglia, che rappresentano senza dubbio la parte migliore del film: magari non storicamente accurate, ma dotate di una coerenza interna e persino di una certa tensione, nonostante l’esito sia noto già in partenza. (Sono comunque contento di averlo visto al cinema, anche perché è stata l’occasione di vedere finalmente il Quattro Fontane di Roma rinnovato. Menzione particolare per le nuove poltrone, tra le più comode mai provate).
Ah, sto rivedendo parecchi cartoni animati insieme a mio figlio. Di recente abbiamo visto svariate volte Robin Hood, che manco a farlo a posta questo mese ha compiuto cinquant’anni. Il Post gli ha dedicato un articolo interessante che racconta la storia dei noti ricicli creativi in voga ai tempi, e dice molto anche del periodo di crisi vissuto dalla Disney a cavallo tra anni ’70 e ’80.
🎵 Ascolti
Una rubrica in cui parlo di musica senza avere alcuna competenza.
Non ho mai amato i Blur. Nella battaglia del Britpop degli anni ’90 – che io ho vissuto in differita con almeno un decennio di ritardo – ho sempre preferito gli Oasis. Eppure gli ultimi singoli dei Blur – estratti dall’album The Ballad of Darren – sono delle vere perle. The Narcissist l’ho ascoltato per buona parte dell’estate, mentre negli ultimi tempi non riesco a togliermi dalla testa Barbaric – che per quanto mi riguarda si candida serenamente a canzone dell’anno.
Visto che degli anni ’90 non se ne ha mai abbastanza, di recente ho (ri)ascoltato molto anche i Blink-182. Tutto è partito da One More Time, uno dei loro ultimi singoli: un pezzo nostalgia, nel cui video ufficiale la band omaggia i propri videoclip del passato. Da lì a riascoltare tutti i loro classici è stato un attimo, e ho constatato che certa musica che ti entra dentro al momento giusto – diciamo tra l’adolescenza e i vent’anni – poi diventa senza tempo.
Non posso che celebrare l’album Relax di Calcutta. Ho da sempre simpatia verso questo cantautore con cui condivido il luogo di nascita, ma ormai mi è sempre più evidente che si tratta di uno dei pochi cantanti italiani a spiccare in un panorama musicale desolante. Di Relax mi piacciono praticamente tutte le tracce, al punto che non saprei sceglierne una preferita. Pazienza se l’album è infarcito di tristezza e malinconia; anzi, a pensarci bene forse è proprio questa la forza delle sue canzoni.
🔗 Link
Una raccolta dei migliori articoli in cui mi sono imbattuto in giro per il web questo mese.
- Le AI generative sono sulla bocca di tutti, ma in che modo influenzano la nostra percezione del mondo (se lo fanno)? Questo articolo di Rest of the World ha analizzato 3000 immagini generate dall’intelligenza artificiale, concludendo che le AI rischiano di ridurre il mondo a una raccolta di stereotipi. L’articolo è interattivo e ha un’impaginazione splendida, per cui vi consiglio di leggerlo da un computer.
- Si è parlato parecchio di un articolo di Alessandro Vietti intitolato Quattro passi nella foresta della fantascienza italiana e pubblicato su Ibridamenti. Il pezzo è lungo ma vale la pena leggerlo, perché ricostruisce il modo in cui la fantascienza si è diffusa in Italia e come, a un certo punto, alcuni scrittori italiani si siano messi a scriverla. Sono molto d’accordo con alcune conclusioni dell’articolo, come il passaggio in cui Vietti scrive che “si avverte l’assenza di una critica letteraria estranea all’ambiente degli addetti ai lavori, e che operi in una direzione opposta all’autoreferenzialità del settore”. Non a caso Vietti è uno scrittore di fantascienza: a quando un articolo del genere scritto da una voce neutra?
- In fondo, perché no? Perché non dovremmo ascoltare la colonna sonora de Il signore degli anelli in versione lo-fi, con una gif in pixel art a fare da sfondo?
- Osservatorio slow web. Mi ha colpito molto il lancio di due nuovi social network: 150, dove 150 è appunto il numero massimo di amici che si possono aggiungere; e Retro, un’app per condividere foto con i propri amici. Sono chiaramente progetti di nicchia, ma entrambi a modo loro testimoniano il grande rifiuto – condiviso e trasversale – dei social network tradizionali.
- Damiano Gerli su Multiplayer.it ha scritto una serie di articoli per raccontare quarant’anni di rapporti tra Disney e i videogiochi. La prospettiva storica è molto interessante, con alcune chicche che non conoscevo. Il pezzo sugli anni ’90 mi ha fatto provare un bel po’ di nostalgia, con quel pilastro della mia infanzia che è stato Disney’s Aladdin.
- Il 19 novembre del 1998 veniva pubblicato Half-Life, uno dei videogiochi più influenti di tutti i tempi. Io ci giocai qualche anno dopo (più o meno tra il 2004 e il 2005), ma solo adesso riesco a coglierne la portata rivoluzionaria. Per celebrare il suo venticinquestimo anniversario, Valve ha pubblicato un bellissimo documentario che ne ricostruisce la genesi e lo sviluppo: merita davvero la visione, soprattutto se siete appassionati di game design o di archeologia videoludica.
E il primo mese è andato! Ci risentiamo tra una trentina di giorni, giusto in tempo per augurarci buon anno nuovo.