Gennaio 2024

Bentornati a Il riepilogo mensile, che torna anche nel 2024. Ci avreste scommesso?

Questo mese ho compiuto trentacinque anni, e mi è ronzata in testa più volte una celebre citazione dello scrittore Douglas Adams, tratta dalla sua opera postuma Il salmone del dubbio (2002):

1. Anything that is in the world when you’re born is normal and ordinary and is just a natural part of the way the world works.

2. Anything that’s invented between when you’re fifteen and thirty-five is new and exciting and revolutionary and you can probably get a career in it.

3. Anything invented after you’re thirty-five is against the natural order of things.

Che potremmo tradurre pressappoco così:

1. Qualsiasi cosa esista nel mondo al momento della tua nascita è normale e ordinario e fa semplicemente parte del funzionamento naturale del mondo.

2. Qualsiasi cosa venga inventata tra quando hai quindici e trentacinque anni è nuova, eccitante, rivoluzionaria e probabilmente puoi costruirci una carriera.

3. Qualsiasi cosa venga inventata dopo i tuoi trentacinque anni è contro l’ordine naturale delle cose.

Ho sempre apprezzato questa riflessione, ma nei giorni scorsi la svolta anagrafica me l’ha fatta sembrare particolarmente veritiera. Soprattutto per il suo ambito di applicazione specifico, ovvero la tecnologia. Per quanto, come è ovvio, io speri di mantenere accesa la fiamma della curiosità ben oltre i trentacinque anni, ho spesso la sensazione che quella delle Intelligenze Artificiali sia l’ultima grande rivoluzione tecnologica che riuscirò a padroneggiare – o quantomeno a comprendere a fondo. Poi vabbè, una volta ero io che spiegavo ai colleghi come fare questo o quello col computer, mentre adesso cominciano a ribaltarsi i ruoli.

Dopo questa iniezione di ottimismo possiamo cominciare, visto che questo mese gli argomenti sono parecchi.


⌨️ Scrittura

Aggiornamenti sulle cose che ho scritto, sto scrivendo o dovrei scrivere.

A metà dicembre la Writers Magazine Italia ha rilanciato un’iniziativa di qualche anno fa: mettere insieme un’antologia con 365 racconti brevissimi – uno per ogni giorno dell’anno – di genere Thriller, Giallo, Noir. E per “brevissimi” intendo massimo 2.000 caratteri spazi inclusi, ovvero una pagina formato Word.

Ho una grande ammirazione per chi sa scrivere racconti brevi, originatasi quando lessi in tenera età Sentinella di Fredric Brown. Io, invece, mi sento sempre a disagio quando ho a che fare con un limite di battute – e il disagio cresce esponenzialmente quanto più il limite è stringente. Introdurre dei personaggi, dar loro un conflitto, delle motivazioni o comunque le vogliate chiamare, e poi risolvere il tutto in maniera soddisfacente: ditemi voi come si fa a farlo in una manciata di pagine – o peggio ancora in una singola pagina – perché io davvero non lo so. Non a caso la maggior parte dei racconti che ho pubblicato alberga tra le 30.000 e le 60.000 battute – e considerate che dalle 80.000 in su si comincia a parlare di romanzo breve.

Nonostante ciò, la sfida della Writers Magazine Italia mi ha stuzzicato. Mi sono subito chiesto come portare a casa un racconto di 2,000 battute, e mi sono dato un’unica risposta possibile: con un colpo di scena finale, tanto più che si parla di thriller. (Esistono sicuramente altri modi, ma a me non sono venuti in mente: sono curioso di leggere l’antologia proprio per scoprirli). Poi ho vagliato diversi soggetti, tutti scartati nel giro di pochi minuti: alcuni non mi convincevano, altri li trovavo irrealizzabili con i pochi caratteri a disposizione, altri non mi sembravano a fuoco sul tema. Insomma, ero pronto ad arrendermi prima ancora di cominciare.

Alla fine mi è venuto in soccorso il proverbiale cassetto della memoria: ho ricordato Orso e Cobra, un racconto scritto nel 2018 e mai utilizzato, sicuramente afferente al thriller, con colpo di scena finale incluso e a mia memoria anche sufficientemente corto. L’ho recuperato dalla cartella del mio PC dove stava prendendo polvere e… ho scoperto che in realtà era lungo ben una pagina e mezza. Se c’è una cosa che ho imparato a fare, però, è tagliare senza pietà: così ho cestinato due personaggi, qualche riga di flashback, e un tanto al chilo di parole inutili (quelle ci sono sempre, incredibile). Alla fine è venuto fuori un Orso e Cobra 2.0, che ho preso a martellate finché non ha raggiunto una forma che ho reputato accettabile.

La cosa più interessante, alla fine, è stata rileggere i due racconti uno dopo l’altro. Raccontano la stessa storia, eppure c’è un respiro diverso. Forse preferisco comunque l’originale: aveva qualche sfumatura in più che, nel suo gemello tagliuzzato, viene delegata all’intuizione del lettore. Magari un giorno farò uscire il director’s cut e mi saprete dire voi stessi.

Perché sì, Orso e Cobra è stato selezionato per la pubblicazione. L’antologia sarà pubblicata nel corso dell’anno da Delos Digital, in formato digitale e cartaceo. Vi terrò aggiornati sugli sviluppi.


📖 Letture

Una rubrica in cui parlo dei libri che ho avuto sul comodino negli ultimi tempi.

Qualche mese fa ho avuto una folgorazione. Mi sono detto: ehi Luigi, visto che hai pubblicato un romanzo d’avventura e ne stai scrivendo un altro, allora forse dovresti leggere qualche libro dello stesso genere; così, giusto per capire dove tira il vento e vedere gli altri cosa fanno. E che ci vuole, penserete voi? Basta cercare su Google, o al massimo su Amazon, e qualcosa verrà fuori. O no?

No. Ben presto ho realizzato che ciò che avevo in mente – il romanzo d’avventura classico, magari d’ambientazione storica ed esotica – è uscito dai radar dell’editoria contemporanea. La letteratura d’avventura, oggi, sembra essersi aggrappata ai vari Clive Cussler, James Rollins, Wilbur Smith, solo per citarne alcuni: ma quello che scrivono questi autori ha forti radici nel mondo contemporaneo, e spesso è contaminato dalla spy story e dal thriller. Oppure, non appena si osa qualcosa sul fronte del contesto storico, si entra nel territorio in cui il maestro indiscusso è Marcello Simoni: ma qui l’avventura cede ben presto il passo al giallo classico. Insomma, quello che io cerco è la versione aggiornata delle avventure che leggevo da bambino – Salgari, Stevenson, Kipling e così via – e che molto indegnamente ho omaggiato col mio romanzo d’esordio.

Stavo per arrendermi, quando davanti ai miei occhi si è palesata la grande verità: stavo cercando nel posto sbagliato. Dovevo semplicemente rivolgere la mia attenzione ai libri per ragazzi. Ed è proprio lì che ho trovato Il rinomato catalogo Walker & Dawn di Davide Morosinotto.

Non frequento la narrativa per ragazzi da un bel po’, per cui ammetto che non conoscevo questo autore, che invece ha all’attivo una trentina di romanzi ed è tradotto in venticinque lingue. Il rinomato catalogo Walker & Dawn, in particolare, ha vinto diversi premi tra cui il prestigioso Superpremio Andersen 2017 nella categoria “Miglior libro oltre i 12 anni”. Incuriosito sia dalla trama che dalla copertina, ho acquistato il libro e l’ho divorato nel giro di pochi giorni.

Ecco, questo è esattamente il tipo di romanzo che stavo cercando. Una storia dall’impianto classico (anche troppo per chi ha qualche anno sulle spalle, ma non dimentichiamo che il libro è pensato per lettori molto giovani), dall’ambientazione storico-geografica affascinante (la Louisiana e il Mississippi del 1904) e con un gruppo di protagonisti ben caratterizzato (ovviamente quattro dodicenni o giù di lì). Ma ciò che lo rende un grandissimo romanzo è la sostanza: è scritto benissimo, con scelte non banali (è diviso in tre parti con tre narratori diversi) e temi non necessariamente semplici per il pubblico cui è rivolto (violenza, turbamenti amorosi, contesti sociali difficili). Un’avventura con la A maiuscola che scivola veloce fino a un finale devastante che mi ha quasi commosso fino alle lacrime. Un plauso particolare va all’edizione Mondadori, particolarmente curata e arricchita da un’illustrazione per ogni capitolo.

Libri come questo sono preziosi per più di un motivo. Innanzitutto sono un piacere da leggere, a qualsiasi età. E poi sono romanzi perfetti per avvicinare i ragazzi alla lettura in un momento della vita in cui è fondamentale approcciare le opere giuste per appassionarsi. Davvero, questo libro dovrebbe essere adottato in tutte le scuole medie – ma forse anche nel biennio delle scuole superiori.

Chi mi conosce bene sa che scrivere romanzi per ragazzi è un mio vecchio pallino, e con Il mondo finisce all’orizzonte ci sono andato vicino, visto il successo inaspettato che il libro ha avuto (anche) presso i lettori molto giovani. Leggere Il rinomato catalogo Walker & Dawn mi ha fatto tornare la voglia di cimentarmi in questo genere, prima o poi.

Ma allo stesso tempo questa lettura mi ha lasciato con tante domande senza risposta. Il romanzo d’avventura come lo intendo io è oggi relegato alla letteratura per ragazzi? Si tratta di un genere passato di moda, buono solo per lo scaffale dei classici? Esiste lo spazio, nel mercato editoriale odierno, per opere trasversali a un pubblico eterogeneo per fasce d’età? Qualcosa che possa essere letto con piacere da chiunque abbia – diciamo – almeno dodici anni? Sono, in ultima analisi, le domande che mi faccio quando scrivo. Se qualcuno vuole provare a darmi delle risposte, io sono tutt’orecchie.


🎞️ Visioni

Una rubrica in cui parlo dei film – vecchi o nuovi – che ho visto di recente.

Gennaio è cominciato col botto: nei primi quattro giorni dell’anno ho visto un film ogni sera. Nel senso che ho visto lo stesso film per quattro sere consecutive, perché tanto mi ci è voluto per arrivare in fondo ai suoi 189 minuti. Signori e signore, ecco a voi Babylon di Damien Chazelle.

Cominciamo con qualche coordinata, perché nella mia bolla (e non solo) questo film è passato abbastanza in sordina. Babylon è uscito nelle sale americane nel dicembre 2022, e in Italia a gennaio 2023. Diretto da Damien Chazelle (Whiplash, First Man – Il primo uomo e soprattutto La La Land) vede nel cast, tra gli altri, Brad Pitt e Margot Robbie. È il racconto corale di un gruppo di personaggi che ruota attorno a Hollywood tra gli anni ’20 e gli anni ’30, girato come un kolossal che non fa niente per nascondere i suoi 80 milioni di dollari di budget.

Con queste premesse, cosa potrebbe andare storto? Praticamente tutto: il film ha incassato 63 milioni di dollari a livello globale (cioè meno di quanto è costato), ha spaccato la critica a metà e, tra Golden Globe e Oscar, ha ottenuto un solo premio su un totale di otto candidature.

Ma sapete una cosa? A me è piaciuto tantissimo.

Babylon è un film eccessivo e sopra le righe in ogni suo aspetto, e la sua prima mezz’ora ne è un concentrato purissimo: una festa colossale dove ogni cosa è permessa, e che culmina in una scena talmente iconica da essere finita sulla locandina. Nel corso delle sue tre ore il film cambia genere e registro un’infinità di volte: musical, commedia, gangster movie, persino un segmento horror, e in qualche modo nessuno di questi generi risulta fuori fuoco. Anche perché Babylon, in fin dei conti, è una celebrazione del cinema e dei sogni che crea, come dimostra il lungo segmento finale. L’unica cosa che questo film non vuole essere è una ricostruzione storica: è un’opera post-moderna ambientata negli anni ’20, punto.

Troppo facile dire che Babylon è la versione brutta, sporca e cattiva di La La Land, per cui lo do per scontato e passo oltre. C’è molto di C’era una volta a Hollywood di Tarantino: entrambi i film sono costruiti incastrando lunghissime scene, entrambi raccontano il sogno di una Hollywood che non c’è più, senza contare i due attori principali in comune (e Brad Pitt, in particolare, interpreta due personaggi fin troppo simili). Ma in Babylon io ci ho visto anche squarci di Sorrentino – e non il Sorrentino de La grande bellezza e di Loro, ma quello ben più folgorante de Il divo.

In fin dei conti, però, in questo film c’è soprattutto Damien Chazelle, che lo ha scritto, diretto e gli ha dato l’impronta che lo caratterizza. C’è un abuso di piani sequenza che mi ha mandato fuori di testa, e un controllo formale notevole nonostante il film sia un carrozzone traballante. E poi c’è l’altra metà del cielo, le musiche di Justin Hurwitz. La colonna sonora è praticamente ininterrotta, per forza di cose virata sul jazz, ed è forse la cosa che più mi è rimasta dentro dopo la visione. Davvero, il tema di Manny ed Ellie ogni tanto mi risuona nella testa senza che io possa farci niente.

Quindi ve lo consiglio? Non saprei, in realtà. Per quanto a me sia piaciuto, vedo chiaramente tutti i motivi per cui potrebbe non piacere. È un film che pecca per eccesso di tutto, sgangherato e sfilacciato; ma allo stesso tempo è sincero e toccante come pochi. Peccato che la gente lo ricorderà soltanto per la scena dell’elefante che defeca sulla camera da presa.


🎵 Ascolti

Una rubrica in cui parlo di musica senza avere alcuna competenza.

Negli ultimi tempi ho ascoltato parecchio due canzoni italiane. La prima è Baciami baciami di Fulminacci, un cantautore che conoscevo solo di nome. Non lo so, questo pezzo mi ha conquistato sin dall’attacco: Alla fine dei conti viviamo cercando / un po’ d’ombra nel giorno più lungo dell’anno. Musica semplice e orecchiabile, ma che fa il suo dovere.

E ora, qualcosa di completamente diverso:

Di questa collaborazione tra Baustelle e I Cani si è parlato parecchio già a dicembre. Il lato A del vinile – Nabucodonosor – Essere vivo – mi è cresciuto dentro col tempo nonostante il suo andamento discontinuo e i suoi versi ermetici (o forse proprio per tutto questo):

Non scompiglia forse i tuoi capelli / Un poco dello stesso vento che spirava a Babilonia / Che soffiava su altre vite e carovane già passate / Sulla via prima di noi / Non c’è forse dentro la tua voce / L’eco di un amore atroce, l’ombra di una connessione / Tra i cantanti micidiali della tua generazione e Nabucodonosor


📷 Istantanea

Una foto che ho scattato nell’ultimo mese.

La spiaggia di Terracina la mattina del 13 gennaio 2024. In primo piano i ciottoli portati dal mare, che chissà dove finiscono quando comincia la stagione balneare. Sullo sfondo il promontorio del Circeo. In mezzo il mare d’inverno.


🔗 Link

Una raccolta dei migliori articoli in cui mi sono imbattuto in giro per il web questo mese.

  • Come ogni inizio anno, Letterboxd ha pubblicato la sua Year in Review. (Se non conoscete Letterboxd, in estrema sintesti è un diario dei film visti con alcune funzioni da social network; Il Post gli ha dedicato un articolo proprio questo mese raccontandone la storia). Il riepilogo annuale di Letterboxd è interessante perché tiene traccia di alcuni fenomeni macro che avvengono nell’industria cinematografica, seppur attraverso la lente dei propri utenti: nell’edizione di quest’anno, per esempio, c’è un approfondimento sulle donne registe e uno sui più film votati per ogni continente. Anche se la mia sezione preferita, anno dopo anno, rimane sempre quella sui trend delle locandine.
  • TypeLit è uno strumento online per esercitarsi nella scrittura con la tastiera, mentre si “ricalcano” testi di alcuni celebri libri della letteratura mondiale. In italiano c’è poca roba, ma vale la pena darci un’occhiata anche solo per una sfida con se stessi.
  • Francesco Fossetti ha recensito The Making of Karateka su Final Round. Karateka è un videogioco del 1984, il primo sviluppato da Jordan Mechner (pochi anni dopo autore di Prince of Persia). Questo making of “è uno strano miscuglio di vari elementi: dentro ci sono filmati d’epoca, interviste, documenti, giochi restaurati e giochi classici, un podcast, frasi estratte da un vecchio diario mai pubblicato, gallerie di artwork originali”. Insomma, un oggetto multimediale difficilmente codificabile, ma sicuramente un esempio interessantissimo di preservazione videoludica.

Questo mese sono andato lungo, chissà in quanti saranno arrivati fin qui. Alla prossima!

Lascia un commento